Si sa, il linguaggio usato in fotografia a volte può essere davvero complicato.
Termini come apertura diaframma, aberrazioni cromatiche, lunghezza focale e distorsioni a barilotto hanno il potere di mandare in confusione anche il più determinato dei principianti.
Ma c’è una nozione spesso ancora più difficile da capire per chi ha deciso di avvicinarsi al mondo della fotografia: il concetto di stop.
Probabilmente ti sarà capitato di sentire un fotografo affermare che avrebbe dovuto “aprire di uno stop” al momento dello scatto, o che con lo stabilizzatore sull’obiettivo “si guadagnano tre stop“, o che la foto tal dei tali era “uno stop sottoesposta” ….
Di certo ti sarai chiesto cosa avrà mai voluto dire.
Con questo articolo vogliamo aiutarti a fare chiarezza su un concetto che è forse più difficile da spiegare che da capire.
La teoria dice che lo stop è l’intervallo fra un valore dell’esposizione e il successivo o il precedente.
Dove per “esposizione” si intende ovviamente “esposizione alla luce”.
Aumentare questo intervallo di uno stop significa raddoppiare la quantità di luce che raggiunge il sensore della macchina fotografica.
Diminuire questo intervallo di uno stop significa dimezzare la quantità di luce che raggiunge il sensore.
Nella pratica dunque, quando si parla di aumentare o diminuire gli “stop”, si intende dire che si sta intervenendo su uno o più dei tre parametri del triangolo dell’esposizione.
Ovvero, si stanno regolando gli ISO, il diaframma e i tempi di scatto.
La fotografia è tutta una questione di luce e esposizione!
Per ottenere uno scatto, infatti, buono o cattivo che sia, è sempre necessario che una determinata quantità di luce passi attraverso il foro del diaframma e imprima così un’immagine sul sensore della macchina fotografica.
Affinché questo avvenga, occorre regolare i tre parametri che compongono il triangolo dell’esposizione:
Ognuno di essi si basa su una scala di misurazione quadratica, in cui ciascun valore corrisponde ad un passaggio di luce doppio di quello che lo precede.
Vediamole una per una, in modo da capirci meglio:
Cominciamo subito con una piccola “eccezione” a quanto ho detto.
Regolare gli ISO non fa, tecnicamente, passare più o meno luce verso il sensore, ma varia invece la sensibilità di quest’ultimo alla luce che passa.
L’effetto è comunque lo stesso, cioè al variare degli ISO il sensore registra più o meno luce.
Abbassando gli ISO, è come se passasse meno luce. Alzando gli ISO è come se passasse più luce.
Come vedi nella scala qui sopra, ogni valore successivo è, numericamente, il doppio rispetto al precedente.
Aumentare gli ISO di uno stop significa quindi passare da 100 a 200, oppure da 200 a 400 e così via.
Dei tre meccanismi di regolazione dell’esposizione, quello degli ISO è in generale il più delicato. Alzare troppo gli ISO porta inevitabilmente ad avere molto rumore digitale nella tua foto.
Tempi e STOP
Chiaramente la scala dei tempi di posa è molto più ampia di quella che abbiamo riportato qui (più sotto ne metteremo una completa), ma l’importante è che tu riesca a capire il concetto.
In parole semplici, possiamo dire che aumentare di uno stop significa raddoppiare i tempi di scatto, passando quindi per esempio da 1/60 di secondo a 1/30 di secondo.
In questo modo, anche la quantità di luce che entra nel sensore raddoppia. Viceversa, diminuire di uno stop significa che i tempi di posa si dimezzano.
Nel regolare i tempi di scatto bisogna ricordare che più essi sono lunghi più aumentano le probabilità che la tua foto venga mossa.
Utilizzare un cavalletto o un obiettivo con stabilizzatore permette di ridurre questo problema, facendoti “guadagnare degli stop”, cioè permettendoti di aumentare la lunghezza del tempo di scatto senza che si verifichi il mosso nella foto.
Infine, nota che la scala dei tempi si muove in maniera quadratica, ma con piccoli aggiustamenti qua e là (per esmepio da 1/8 a 1/15, o da 1/60 a 1/125). Puoi assolutamente trascurare questi piccoli aggiustamenti, ma per completezza mi è sembrato logico menzionarli.
Anche qui ho riportato solo una parte delle scala.
Il discorso sui diaframmi è meno intuitivo rispetto agli altri due, per il semplice fatto che i valori numerici di misurazione di due stop consecutivi non sono uno il doppio dell’altro.
I valori numerici di questa scala infatti raddoppiano in maniera alternata: per esempio quindi, quando “chiudiamo” il diaframma di uno stop (cioè dimezziamo la quantità di luce che arriva al sensore), passiamo da 1 a 1.4, non a 2, che invece è ancora uno stop più in lá.
Questo accade perché l’apertura del diaframma viene misurata in base alla relazione esistente tra lunghezza focale dell’obiettivo e diametro dello stesso. La scala è dunque una progressione geometrica con un fattore di moltiplicazione √2 (radice di 2, pari a circa 1,4).
Ti consigliamo di imparare questi valori a memoria, risparmierai un sacco di tempo e di mal di testa.
Combinare questi tre fattori nel modo giusto è fondamentale per la buona riuscita dello scatto.
In alcuni casi, però, la faccenda può risultare un po’ complicata. Immagina di voler scattare una foto che sia il più luminosa possibile: la prima cosa che dovresti fare è aprire al massimo il diaframma.
Questo, però, riduce la profondità di campo, mettendo a fuoco solo una parte della scena.
Mettiamo però che tu voglia rendere visibile l’intero sfondo! Non ti resta che chiudere il diaframma almeno un po’, riducendo però la quantità di luce che entra nel sensore.
Che fare allora?
Devi cercare di compensare questa chiusura in qualche modo, ad esempio aumentando il tempo di esposizione.
Ma di quanto???
Ed ecco che finalmente entra in gioco l’utilità delle conoscenza del concetto di stop, e del sapere a memoria le tre scale (in fondo all’articolo troverai uno specchietto riassuntivo con le 3 scale complete).
Se per ottenere la profondità di campo desiderata devo chiudere il diaframma di tre stop, per mantenere la luminosità iniziale devo aumentare i tempi di scatto di altrettanto!
Mettiamo però che tu possa aumentare i tempi solo di due stop, perché al terzo la foto diventa mossa … che fare?
Alzi gli ISO di uno stop! E così, sommando i 2 di aumento dei tempi con quello di aumento degli ISO compensi i 3 stop di diminuzione dati dalla chiusura del diaframma.
Ma vediamo la cosa nella pratica.
Mettiamo che stai scattando un paesaggio, a mano libera, a F/5.6, con tempo 1/125 e ISO 100 a lunghezza focale 18 mm.
Ti rendi conto che non hai sufficiente profondità di campo, e che per averla devi chiudere il diaframma a 16, cioè di 3 stop.
Per prima cosa compensi per quel che puoi aumentando i tempi di scatto. Se li aumenti di 3 stop, arrivi a 1/15. Poiché però stai scattando con una lunghezza focale di 18, per la regola del reciproco la foto verrà mossa.
Ti limiti allora a compensare di due stop coi tempi, scattando a 1/30. E l’altro lo recuperi passando da ISO 100 a ISO 200.
La tua foto originaria era dunque F/5.6, T 1/125, ISO 100.
Quella dopo la compensazione invece è F/16, T 30, ISO 200.
E anche se le foto appariranno diverse in termini di profondità di campo, la quantità di luce registrata dal sensore (luminosità) sarà esattamente la stessa.
A spese di un pochino di rumore digitale in più (in realtà il passaggio da ISO 100 a 200 nei sensori moderni è davvero quasi impercettibile ai normali ingrandimenti).
Negli ultimi anni poi, proprio per ovviare al problema del mosso e dell’aumento degli ISO, le case costruttrici hanno tirato fuori una nuova magia tecnologica: i sistemi di stabilizzazione dell’immagine.
Quando si sceglie, per una ragione o per l’altra, di aumentare i tempi di posa di una fotografia a mano libera, il rischio che l’immagine venga rovinata dal micromosso causato dai movimenti della mano aumenta.
Gli obiettivi di ultima generazione sono dotati di un sistema di stabilizzazione integrato che riduce notevolmente le possibilità di danneggiare la foto.
Stiamo parlando del VR di Nikon, dell’IS di Canon, dell’OS di Sigma e del VC di Tamron. Tanti nomi per definire la stessa funzionalità, ovvero la riduzione delle vibrazioni dello scatto a mano libera.
Ecco un esempio per capirci meglio: quando si scatta con un obiettivo dotato di focale da 120 mm, a 1/125 iniziano a comparire i primi segni di micromosso.
L’intervento del sistema di stabilizzazione ci fa guadagnare qualche stop, consentendoci di dilatare i tempi senza problemi.
Questo vantaggio permette di intervenire sugli altri parametri del triangolo per ottenere risultati migliori, ad esempio abbassando gli ISO per contenere il rumore o chiudendo il diaframma per avere più profondità di campo.
Immagina di trovarti in un luogo piuttosto buio, come l’interno di una chiesa durante un matrimonio. La luce naturale non è molta e, con tutta probabilità, ti troverai costretto ad alzare gli ISO per riuscire a immortalare qualche momento della cerimonia.
In questo modo, però, anche il rumore aumenta e il rischio di compromettere il risultato finale fa capolino da dietro l’angolo.
I sistemi di stabilizzazione rappresentano la salvezza di ogni professionista in situazioni simili, poiché regalano 2-3 stop di tempo in più (consentendo a una maggiore quantità di luce di entrare) e permettono di abbassare gli ISO, migliorando la qualità generale della foto.
Abbiamo elaborato un piccolo schema riassuntivo che ti aiuterà a modificare gli stop di ciascuno dei tre parametri mantenendo invariata la quantità di luce registrata dal sensore.
Se muovi un parametro di X posti verso il basso (- LUCE) dovrai muovere uno degli altri della stessa quantità di posti verso l’alto (+Luce). Oppure muovere verso l’alto gli altri due in maniera tale che la somma sia uguale al movimento verso il basso dell’altro.
Ricorda: più stop significano più luce e, quindi, foto più chiare.
Meno stop significano meno luce e foto più scure.
Come si usa nella pratica questa tabella degli Stop?
Parti dalla tripletta che contraddistingue la foto che hai scattato e muovi poi i parametri se non sei contento dell’esposizione oppure se vuoi ottenere un effetto diverso.
Facciamo un semplice esempio: poniamo che hai fatto una foto con iso 200, tempo 1/60, diaframma 8; che essa sia correttamente esposta, ma che tu voglia meno profondità di campo per fare un bell’effetto bokeh.
Devi allora aprire il diaframma. Diciamo che lo apri di ben di 4 stop, arrivando a F/2 (conta gli stop sulla tabella, lungo la colonna “diaframma”).
Se lasci tempo e iso come prima la foto sarà inevitabilmente sovraesposta.
Devi allora compensare diminuendo iso e tempi, e lo fai utilizzando la tabella.
Per esempio muovendoti di uno stop nella scala degli ISO, e arrivando così a 100. E di 3 in quella dei tempi, arrivando così a 1/500.
Insieme, questi due movimenti compensano i 4 stop di movimento del diaframma. La tabella insomma serve per trovare triplette equivalenti da un punto di vista dell’esposizione.
Cerca di esercitarti il più possibile per assimilare al meglio questo concetto, vedrai che mano a mano tutto diventerà sempre più chiaro e sarai in grado di intervenire sul triangolo dell’esposizione variando gli stop a occhi chiusi.