Un “misuratore di spazio”. Così amava definirsi Gabriele Basilico, l’uomo che dedicò la sua intera vita a documentare le trasformazioni degli spazi urbani su pellicola.
L’amore per l’architettura lo accompagna da sempre, prima negli studi e poi nella fotografia. Nel 1983 pubblica la sua prima opera chiamata “Milano. Ritratti di fabbriche”, che ottiene da subito un successo strepitoso. Il resto è storia, quella che porta Gabriele Basilico a essere considerato come uno dei più grandi fotografi dell’epoca moderna.
Non c’è posto per l’essere umano negli scatti di Basilico. Guardando le sue foto, ci si rende conto che i palazzi, i monumenti storici, le stazioni del treno, parlano un linguaggio tutto loro, che normalmente viene sovrastato dal rumore delle persone intente a vivere le loro vite nei paraggi. Quello che Gabriele riesce a fare è creare una sorta di vuoto, di silenzio intorno alle strutture che ritrae. Lo spettatore riesce così a porsi davvero in ascolto, e finalmente a cogliere la bellezza di ciò che lo circonda.
Uno scorcio di Beirut, fotografato durante uno dei numerosi viaggi di Gabriele